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L’equity crowdfunding è ora legale in Italia

Ieri, l’Autorità Finanziaria italiana  ha formalmente annunciato la legislazione sull’equity based crowdfunding e domani il Regolamento sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Dopo i 15 giorni di vacatio legis (periodo tra la promulgazione di una legge e il momento in cui assume efficacia legale), l’equity-based crowdfunding sarà legale in Italia, che diventa così il primo paese in Europa a implementare una legge sull’equity-crowdfunding.

La pubblicazione imminente del regolamento sul crowdfunding da parte della CONSOB, l’autorità finanziaria italiana, introdotto dal Decreto Legislativo n. 179 (Decreto Crescita) a dicembre dello scorso anno, è stata ufficialmente annunciata dal dr. D’Agostino, vice direttore della CONSOB, ad un evento organizzato da Mission Community, tenutosi a Milano ieri.

Il dott. D’Agostino ha esordito con le motivazioni che sottostanno alla nascita e allo sviluppo dell’equity crowdfunding come mezzo di finanziamento alternativo nel nostro Paese: la stessa Banca d’Italia afferma che siamo in un momento di contrazione del finanziamento bancario, soprattutto a imprese di piccole dimensioni; queste stesse imprese hanno enorme difficoltà di accesso al mercato di capitale; il private equity non è mai decollato in Italia.

La Consob si è ritrovata a dover regolamentare un fenomeno molto nuovo, in un quadro normativo europeo non armonizzato, dove non c’è un benchmark a cui fare riferimento. Negli altri Paesi infatti, come ricordato anche in post precedenti, l’equity crowdfunding è regolato attraverso strumenti normativi classici, non esiste una regolamentazione consolidata.
L’autorità finanziaria nazionale ha quindi adottato un approccio molto aperto, come avevamo apprezzato sin dall’inizio, giudicandolo come un ottimo esempio di legislazione partecipata e “crowdsourced” e un evidente sforzo di chiarezza nel trattare una materia nuova e complessa. La natura trasparente dello strumento regolamentare emerge chiaramente dal fatto che si è preferito un regolamento ad hoc piuttosto che una regolamentazione distribuita su varie regolamentazioni, perché così si ha un unico documento da consultare, il che facilita enormemente la conoscenza dei vincoli normativi, come affermato dallo stesso D’Agostino.

La CONSOB ha aperto la raccolta di idee e analisi a tutti i soggetti interessati, con un’indagine conoscitiva che ha ricevuto “un’enormità di contributi”, terminata a febbraio da un open hearing che aveva il fine di cogliere gli aspetti essenziali del regolamento per arrivare ad una prima bozza, posta nuovamente in consultazione pubblica a Marzo e che ha ricevuto ulteriori contributi.

Oggi la prima parte di questo iter si è conclusa e domani (“o al massimo lunedì”) il regolamento verrà pubblicato.
Alcune anticipazioni svelate dal dott. D’Agostino.
Prima di tutto, quali sono i vincoli del regolamento? Si tratta solo di capitali di rischio e non di debito, quindi azioni ma anche – assoluta novità rispetto alle norme del codice civile – emissioni di quote di Srl. Poi, il limite forse più grande, è il fatto che sia riservato solo alle startup innovative, definite nello stesso decreto crescita.
Le finalità dell’intervento legislativo erano prima di tutto agevolare il finanziamento di imprese con profilo di rischio molto elevato e ad alto contenuto tecnologico, ma anche di introdurre una disciplina per i gestori di piattaforme online, al fine di ridurre il rischio operativo e legale, il rischio di contenzioso e di frode. E il regolamento introduce anche il vincolo di presenza di investitori professionali che accompagnino l’offerta, un punto molto dibattuto nelle consultazioni precedenti.
Il legislatore aveva chiesto la disciplina dei gestori dei portali e la Consob, nell’ambito del perimetro del mandato, ha introdotto l’obbligo di registrazione per i gestori “puri” di portali, una scelta per identificare con chiarezza i soggetti da sottoporre a controllo. La riconoscibilità pubblica di coloro che esercitano tale servizio è importante, afferma D’Agostino, è un ulteriore sforzo verso la trasparenza.

I gestori autorizzati come banche e SIM possono gestire portali online senza obbligo di registrazione, ma hanno però l’obbligo di comunicazione alla Consob e verranno inclusi in una sezione dedicata del registro, ai fini della trasparenza.
Tra le novità concernenti i requisiti di professionalità per i gestori di portali, è stata introdotta una maggiore flessibilità per gli amministratori non esecutivi della piattaforma, che possono avere esperienze diverse da quelle classiche finanziare, ossia possono provenire anche da altri settori. L’A.D. invece deve comunque avere esperienza in settore finanziario ed è stato anche introdotto il c.d. divieto di interlocking, in modo tale che si evitino situazioni in cui personalità con determinate professionalità vengano prestate ad altri gestori di portali solo per colmare adempimenti amministrativi.
Rispetto ai gestori di diritto, c’è stato anche un ridimensionamento delle prescrizioni di condotta, per favorire ulteriormente lo sviluppo di questo settore.

La Consob ha poi introdotto vari obblighi informativi dei gestori online nei confronti degli investitori.
Il dovere dell’informativa sulle offerte infatti viene riaffermato e si aggiunge ad esso la necessità di svolgere test di adeguatezza sugli investitori e che l’ordine inviato da questi passi prima per un questionario che verifichi che l’investitore sia consapevole di stare facendo investimenti ad alto rischio. Viene quindi introdotto l’obbligo informativo verso il cliente sulla quantità di denaro investita, che deve essere congrua al proprio reddito. Altri sforzi di semplificazione vedono il ridimensionamento degli oneri per investimenti inferiori ai 500 Euro (1000/anno). Infine, è assolutamente vietata la consulenza sull’investimento da parte dei gestori di portali. Il gestore deve fare uno sforzo nel rendere quanto più chiare e complete le informazioni riguardo le offerte.

Ed eccoci ad uno dei punti più dibattuti del regolamento durante le consultazioni. La presenza di investitori professionali che sottoscrivano una quota del 5% delle offerte. E’ un elemento qualificante che però è stato posto come condizione di perfezionamento dell’offerta e non come precondizione, grazie anche ai vari commenti pervenuti a proposito. Tra gli investitori professionali, interessante l’inserimento degli incubatori di start up innovative. Proprio coloro che fanno crescere queste realtà, diventano i primi a poterle sostenere anche investendo in esse tramite equity-based crowdfunding.
Finalmente possiamo essere orgogliosi che l’Italia sia in effetti l’unico paese nella EU con una normativa sull’equity crowdfunding, seppur limitato alle sole startup innovative. Il primato ora pone un onere non solo sulla Consob, che dovrà vigilare e monitorare perché tutto possa svilupparsi in modo corretto e trasparente, ma anche sull’intero settore. Come affermato dallo stesso D’Agostino, poiché siamo in un ambito di totale innovazione, non possiamo verificare né essere certi che questo tipo di regolamentazione sia solido, e i fallimenti sono nella natura stessa di queste iniziative. L’attenzione deve restare alta da parte di tutti perché vengano fermati comportamenti opportunistici e poco corretti. Ma soprattutto deve restare alto l’interesse per questa forma di finanziamento alternativo, dobbiamo continuare a parlarne perché come già ricordato molte volte, il mercato italiano del crowdfunding è un mercato tanto sofisticato quanto giovane, dove quello che manca di più è la massa critica, la “crowd” che vada a finanziare e a proporre progetti. In questo panorama, il regolamento potrebbe agire da guida al mercato stesso e da impulso ad un ulteriore sviluppo, in modo tale che il nostro primato non resti un primato solo a parole.

Qui il comunicato ufficiale della CONSOB e una scheda riassuntiva.

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