La scorsa settimana ho fatto una chiacchierata con Daniele Ferrari, che ho conosciuto tempo fa grazie al nostro interesse condiviso per il crowdfunding. Daniele ha in qualche modo inaugurato l’offerta di consulenza per campagne di crowdfunding anche sul mercato italiano. Già due anni fa si era occupato della campagna di crowdfunding per Vynilmania, di cui ci ha parlato anche in occasione di crowdfuture e ha recentemente seguito la campagna di Ego Smartmouse, già overfunded a oltre due settimane dal termine.
Anche se non è ancora una cosa consueta per l’Italia, il fatto stesso che esista un servizio di consulenza in questo campo e che venga effettivamente richiesto dagli utenti è segnale che l’approccio al crowdfunding si sta facendo gradualmente più consapevole anche nel nostro Paese ed evidenzia in qualche modo la comprensione della complessità che si nasconde dietro il crowdfunding in generale e le campagne in particolare.
Qualsiasi campagna va infatti considerata come un vero e proprio progetto a cui ci si avvicina con una certa consapevolezza, un mix di competenze ben precise e molto variegate e con molto tempo a disposizione.
Ogni campagna di crowdfunding è diversa ma l’osservazione delle dinamiche, lo studio approfondito dei modelli, la conoscenza dei principi del fenomeno permettono ad un consulente di avere tante risposte alle domande tipiche che si fanno all’inizio, e di aiutare a strutturarle in modo ottimale, allo stesso tempo educando anche i progettisti che spesso non conoscono a fondo il mondo in cui si stanno lanciando.
E’ importante tuttavia capire che, come per ogni progetto, non basta affidare il lavoro ad un esperto. Quest’ultimo può impostare la strategia e guidare il progettista in un percorso educativo oltre che operativo, ma non può sostituirsi al progettista nel coinvolgere la comunità, nel comunicare i valori di fondo e la passione alla base di un progetto che si vuole portare a termine. La parte operativa va lasciata ai progettisti, che devono necessariamente investire tempo e risorse nella preparazione e nella gestione della campagna.
Vediamo cosa implica esattamente una strategia per una campagna di crowdfunding. Prima di tutto, è necessaria una buona conoscenza del fenomeno. Non si può avviare un progetto senza conoscere il crowdfunding nelle sue varie sfumature (un buon punto di partenza è l’ebook gratuito di crowdfuture). Come in ogni progetto, bisogna enunciarne bene gli obiettivi e il valore e capire quali sono gli asset che possiamo sfruttare, in primis il nostro capitale sociale e relazionale (un breve post sull’argomento qui). Da qui scaturiranno poi la scelta del modello di crowdfunding e la scelta della piattaforma, che troppo spesso invece precedono una corretta valutazione del progetto. Per quanto riguarda l’importo da chiedere, non bisogna mai essere troppo ambiziosi. Purtroppo, notizie sensazionalistiche di progetti che hanno raccolto 3 milioni di dollari in 4 ore o 10 milioni di dollari in poche settimane non aiutano la diffusione corretta della cultura sul fenomeno. Il crowdfunding è uno strumento che può aiutarci ad avviare un progetto, non un mezzo per arricchirsi velocemente. Nel caso di Ego Smarthouse, i ragazzi hanno accolto il giusto suggerimento di chiedere “il minimo per poter far fare un salto di qualità al progetto, per riuscire a dare un primo impulso alla produzione e allo sviluppo di un prototipo già esistente“, ci dice Daniele. E, soprattutto, guadagnando così la validazione e il consenso della folla e passando un primo test di mercato.
La decisione della piattaforma è un altro grande dubbio del progettista. Kickstarter non è più la sola piattaforma, ne abbiamo tante e diverse, così come abbiamo molti modelli che vanno tutti presi in considerazione. La piattaforma deve essere considerata soprattutto come un punto di incontro dei sostenitori con i progettisti: è compito del progettista portare la sua “crowd” sulla pagina del progetto. E’ vero anche che ci sono alcune piattaforme di nicchia che hanno un traffico specializzato ed esperto su alcuni prodotti (si pensi ad Unbound per i libri e Emphas.is per il giornalismo fotografico, per fare solo due esempi) ed altre, come Kickstarter, che hanno ormai un traffico abituale di persone che si recano appositamente sul sito per pre-acquistare prodotti e gadget hi-tech. Ma non si tratta solo dell’oggetto del crowdfunding, bisogna considerare prima di tutto a chi ci stiamo rivolgendo. Se il progetto è super locale e teso ad una audience relativamente ridotta, non c’è forse alcun motivo di utilizzare una piattaforma così globale come Kickstarter. Nel caso di Ego Smartmouse, ci racconta Daniele, la componente hardware e la audience potenzialmente globale del prodotto, nonché il modello di pre-vendita della campagna, hanno fatto posizionare Kickstarter in testa alla classifica per quel determinato progetto.
Un’attenta valutazione delle piattaforme e un minimo studio di fattibilità sono fondamentali prima dell’avvio di qualsiasi campagna.
Un’altra domanda molto popolare riguarda poi il tempo di sviluppo e preparazione di una campagna. Anche in questo caso, non c’è regola che valga per tutti. Abbiamo più volte fatto l’esempio della Bicycle Academy: Andrew Denham ha preparato un’eccellente campagna in quasi 6 mesi di lavoro, per poi vedersi ricompensato con il raggiungimento del target di 40 mila sterline in pochi giorni. I ragazzi di Ego Smartmouse hanno cominciato a lavorare alla campagna l’estate scorsa, in modo regolare e intenso, scandito da incontri con il consulente e scadenze da rispettare. Poi con l’avvicinarsi della campagna, “l’impegno del progettista è cresciuto enormemente, fino a diventare full-time in particolare per il lavoro di comunicazione e Digital PR che ha accompagnato il lancio e tuttora prosegue“, ci racconta Daniele.
Il tempo necessario a coinvolgere una comunità di persone è molto, come quello necessario a rendere presentabile e articolato il progetto: infatti non basta l’”idea clamorosa” per ottenere fondi dalla folla. Senza qualcosa di concreto dietro una pagina di campagna (un prototipo, un business plan, etc) non si crea certamente la fila per sostenerla. Il crowdfunding è finanziamento a progetti piuttosto che a idee.
Ci sono ancora vari fraintendimenti e leggende riguardo il fenomeno, ma stiamo pian piano costruendo una rete di persone che se ne occupano, che ci credono e che lo fanno correttamente (vedi anche la Italian Crowdfunding Network).
L’offerta italiana di piattaforme è valida e molto diversificata. Ma se da una parte abbiamo piattaforme preparatissime e tutte le competenze necessarie, dall’altra non c’è la cultura adeguata e manca la folla.
Bisogna diffondere le storie di tanti piccoli progetti riusciti e non riusciti, non abbandonarsi ad articoli sensazionalistici su successi che non sono replicabili, soprattutto nel nostro Paese. “E’ fuorviante, continua a mettere in circolo l’idea che basta aprire una paginetta su una piattaforma e la gente arriverà numerosa a finanziare qualsiasi progetto”, afferma anche Daniele.
I progetti di crowdfunding, soprattutto in Italia, sono ancora relativamente piccoli così come le offerte che si fanno verso un determinato progetto: ma è con tante piccole somme che si può mettere insieme un capitale ed è con tanti piccoli progetti che si può portare innovazione e sostenibilità sul mercato.
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